Regola le chiavi e pizzica le corde
due, tre volte,
prima che moduli il canto,
già si prova un’emozione.
Ad ogni corda il suo suono malinconico,
ad ogni nota un pensiero,
come se raccontasse le asprezze
della sua vita.
Abbassa le ciglia
e tende distrattamente la mano
per suonare,
versando gli infiniti pensieri
dal profondo del cuore.
Leggermente tocca le corde,
lentamente le pizzica
sul dritto e sul rovescio,
prima è “Veste di arcobaleno”,
poi “Le sei note minori”.
Strepitano le corde grosse
come una pioggia torrenziale,
sussurrano le minori
come un bisbiglio confidenziale.
Il clamore ed il sussurro s’intrecciano,
come se perle grandi e minute cadessero
in un piatto di giada.
Ora è lo squillante canto degli orioli
che svolazzano tra i fiori,
ora è il singhiozzo del gorgoglio dell’acqua
di una sorgente ghiacciata.
La fontana ghiacciata ristagna,
le corde si congelano, spezzate,
diacce ed infrante, non danno suono,
l’eco si perde a poco a poco.
Solo una profonda malinconia,
un rancore, sorgono,
questo momento di silenzio
è più toccante del suono.
Poi d’improvviso, s’infrange
una bottiglia d’argento
e l’acqua si spande,
i cavalieri con le loro corazze
escono ad un tratto
con fragore di spade e lance.
Terminata la melodia,
ella fa scivolare con forza
il plettro sulle corde centrali,
e le quattro corde risuonano
come seta strappata.
Le barche e i battelli all’intorno
rimangono in silenzio senza parole,
in mezzo al fiume si vede solo
la bianca luna d’autunno.